Teksty piosenek Francesco Guccini

Francesco Guccini

Antenor

Si chiamava Antenòr e niente

si chiamava Antenòr e basta

perché per certa gente non

importa grado o casta

importa come vivi

ma forse neanche quello

importa se sai usare bene il

laccio od il coltello.

Antenòr uscì di casa

uscì di casa quella sera

garrivano i suoi pensieri come

fossero bandiera

ma gli occhi erano fessura

e il viso tirato a brutto

come all'età in cui credi d'aver

fatto quasi tutto.

Un cavallo nitrì, ma quando? una

donna rise,

ma dove?

la luna uno scudo bianco, un

carro le stanghe

in alto

chitarra ozio parole, chitarra ozio

parole.

La pompa un ricordo stanco, un

mare quell'erba

nera

può darsi fosse romantico. ma

lui non lo sapeva.

Quella donna rideva ad ore,

quella luna solo

uno sputo

e per quel cavallo non avrebbe

speso anche un

minuto

è difficile far rumore

sulle cose che c'hai ogni giorno

le tue braghe, il tuo sudore, e

l'odore che porti

attorno.

Lo cantina era quasi vuota

scarsa d'uomini e d'allegria

se straniero l'avresti detta quasi

piena di nostalgia

nostalgia ma di che cosa, d'un

oceano

mai guardato

d'una Europa mai sentita, d'un

linguaggio

mai parlato?

Antenòr chiese da bere. e

scambiò qualche saluto

calmo e serio danzò tutto il

rituale ormai saputo

uomo e uguale coi suoi pari

quasi pari con gli anziani

come breve quella sera, come

lunghi i suoi domani.

Proprio allora qualcuno entrando

nella luce do

dentro al buio

lo insultò quasi sussurrando, ma

sembrava che

stesse urlando

come per uno schiaffo, come

per uno sputo

Antenòr lo guardò sorpreso, lo

studiò e non

lo conosceva

e il motivo restò sospeso, fra io

gente ferma

in attesa

e lui non lo sapeva, e fui non io

sapeva.

Poi sentì di uno donna il nome,

già scordato o

non conosciuto

quante volte per altri è vita quello

che per noi

è un minuto;

guardò gli uomini per cercare

occhi, dialogo,

spiegazione

non trovò condanne non

trovò

un'assoluzione

Antenàr uscì di fuori

bilanciando il suo coltello

per danzare malvolentieri passi

e ritmi do duello

una donna non ricordata ed un

uomo mai visto

prima

io legavano tra loro come versi

con la rima.

Fintò basso e scartò dilato

quanti sguardi sentì sul viso

si sentì migliore e stanco

si sentì come un sorriso

che serata tutta ai contrario

proprio niente da ricordare

puntò il ferro contro il viso vide

il sangue

zampillare.

Tutto quanto ero stato un lampo

Antenòr respirava forte

fece il gesto di offrir la mano

guardò l'altro e capi pian piano

che tuffo ero stato invano

che l'altro cercava morte

capì che doveva farlo, farlo in

fretta perché

non c'era

motivo per ammazzarlo

l'altro cadde e non rispondeva

e lui non lo sapeva, e lui non lo

sapeva,

Antenòr lo guardò cadere

sentì dire la colpa è mia

senti dire è stato un uomo

senti dire fuggi via

lo giustizia disse bandito

ma un poeta gli avrebbe detto

che ero come l'Ebreo errante.

come il Bàtavo

maledetto.

Quante volte ci è capitato

di trovarci di fronte o un muro

quante volte abbiam picchiato

quante volte subito duro

quante cose nate per sbaglio

quanti sbagli nati per caso

quante volte l'orizzonte non va

oltre il nostro naso.

Quante volte ci sembra piana

mentre sotto gioca d'azzardo

questa vita che ci birillo

come bocce do biliardo

questa cosa che non sappiamo

questo conto senza gli osti

questo gioco do giocare fino in

fondo a tutti i costi.